L’evento del 15 luglio nasce da una collaborazione tra Luzzara e Cerreto Alpi, un’amicizia inaugurata l’anno scorso che ha portato ad un incontro denominato SULL’ACQUA CHE SCORRE, Zavattini e Cerreto Alpi.
Il 6 agosto del 2016 Fondazione Un Paese, con la collaborazione con I Briganti di Cerreto, la Fondazione Giovanni Lindo Ferretti e il Circolo Sportivo Cerreto Alpi, ha infatti organizzato una giornata nel borgo di Cerreto Alpi, alla scoperta dei luoghi montani di Cesare Zavattini.
Si è partiti appena sopra la Gabellina, con una camminata sull’antica via che a Cerreto chiamano “dei Toschi” e, sull’altro versante del crinale, dicono “dei Lombardi”. A fare da guida, tra cerri e faggi secolari, fra antiche maestà e i monti che fanno da cornice, è stato Giovanni Lindo Ferretti, che ha letto lettere e pensieri di Zavattini. Dal faggeto si è scesi al paese, il cimitero, il mulino dell’acqua, fino alla casa della sorella Tina. Ci stato spazio per la musica, violino e fisarmonica hanno accompagnato il percorso, per il racconto e il dialogo nello spazio del conversare. Il Secchia, il Canale Cerretano, il fragore del fiume, il mormorio del torrente. Una giornata nella serenità di un paesaggio che conserva le tracce dei secoli mutandone funzione e quotidianità.
“La camera dove lavoro, tre metri per tre, mi va bene e dovrei stare seduto al tavolo otto ore al giorno anziché non fare, fantasticando le gioie che ricaverei dal fare. Mi tengono compagnia la piccola ruota, incastrata nella finestrina, va per cambiare l’aria e un torrentello. Appena arrivato dissi a mia sorella non sopporterò questo rumore, ma alla fine della frase mi ero già abituato. Il torrentello fra poco entra nel Secchia e il Secchia dopo una notte in discesa entra con le sue trote e l’acqua stretta e nervosa nell’acqua grande e placida del Po che passa da Luzzara dove sono nato”.
Queste parole, scritte da Cesare Zavattini nel 1963 per Viaggetto sul Po, ci hanno portato a Cerreto Alpi, borgo dell’Alto Appennino Reggiano che dista 100 chilometri dalla Luzzara, sul Po, paese natale di Za.
In uno slargo di Cerreto si erge il monumento a Zavattini, molto semplice e minuscolo, eseguito da Remo Belletti scultore di Collagna. Su una pietra di arenaria a forma di parallelepipedo irregolarmente stagliata è collocato un sasso a forma d’uovo, da cui sporge a lato un volto reclinato e raccolto nel cavo di una mano. Alla base un grande ciotolone piatto sul quale sono debolmente incise le parole “Sa pudess stricarm’ in d’na parola a durmirés. ZA”.
Zavattini e Cerreto Alpi, un legame importante.
Nel 1922, il giovane Cesare Zavattini è a Parma, dove aveva trovato occupazione come istitutore nel Convitto Maria Luigia e poi come redattore della “Gazzetta di Parma”. Un periodo molto importante per la sua formazione, favorito da uno stimolante ambiente culturale, alimentato dalle discussioni con i suoi allievi Attilio Bertolucci, Pietro Bianchi e Giovannino Guareschi, di poco più giovani di lui. Ma nel mese di luglio e agosto si reca ogni sabato a Cerreto Alpi, nell’alto Appennino reggiano, dove i suoi si sono trasferiti e dirigono l’Albergo Posta in località la Gabellina, dopo aver venduto per dissesto economico Caffè di Luzzara. Non disdegna di dare una mano nel servire i clienti e trova anche il tempo di andare a dorso di mulo sino a Minozzo, altra località appenninica, dove si trova in vacanza la sua ragazza Olga Berni, che sarà sua moglie. Nel 1924 muore il fratello minore Mario, seminarista quattordicenne, che è sepolto nel cimiterino di Cerreto Alpi. I genitori, Arturo e Ida Giovanardi, continuarono la gestione dell’albergo sino a quando, nel 1928, per una grave malattia del padre, dovettero rientrare a Luzzara, per condurre in affitto una modesta e meno impegnativa osteria che chiameranno proprio La Gabellina. Ma la sorella Tina resta a Cerreto Alpi: ha sposato il cerretano Clemente Sentieri, abile calzolaio e consigliere comunale. Non ha mai voluto allontanarsi da questi luoghi. E lassù, suo ospite, Cesare veniva in cerca di quiete.
Lungo e importante, il soggiorno del ’63, quando arriva ai primi d’agosto e resta fino alla fine dell’anno, a scrivere e a riordinare le carte di quello che sarà il libro Straparole. “Sono arrivato a Cerreto in collera col mondo; ero fisicamente da raccogliere col cucchiaio; mi domandavo se stavo male, tanto apparivo tetro e fermo. Un vecchio montanaro disse: che frana Z”, scrive in una delle numerose lettere. Voltato verso il fuori, verso l’aperto, come disse Gianni Celati definendolo un “caso raro nella cosiddetta cultura italiana – cultura dei paraventi”, Za era un uomo estroso e ricettivo, estroverso con impennate di timidezza, uno spirito inquieto, dal perenne dinamismo, che proprio per questa sua vita sempre di corsa, dissestata da orari abnormi, dalla confusione fra notte e giorno, a volte, aveva bisogno di essere accudito dalle “sue donne”: la mamma Ida, la moglie Olga, da Tina, la sorella.
E al Cerreto, quel luzzarese dagli occhi espressivi, sempre persi nella meraviglia e nella curiosità vorace, scoprì le mele tosche. Lo stomaco, messo a dura prova dalle mangiate sregolate, se lo curava infatti con una composta di mele tosche, un toccasana di cui avrebbe voluto brevettare ricetta e marchio doc. Verità o un’altra invenzione delle sue? Forse non è poi così importante saperlo. In breve, ne parlò ad un servizio che andò in onda su TV7 e, dal giorno dopo, all’indirizzo della sorella iniziarono ad arrivare lettere da tutta Italia che chiedevano lumi per avere scorte di queste “mele miracolose”.
Luzzara. Cerreto Alpi.
Una connessione lega ora l’estremo sud e l’estremo nord di questa nostra provincia.
Due periferie, capaci di farsi centro.
Questo per ribadire che ogni paese, anche il più remoto, non è mai solo al mondo.
Quest’anno Sull’acqua che scorre sarà a Luzzara, sul Po, il fiume che aspetta gli amici di Cerreto Alpi.