Cesare Zavattini
Cesare Zavattini (Luzzara, 1902 – Roma 1989). Scrittore, soggettista, pittore, Cesare Zavattini è una tra le più importanti figure espresse dalla cultura italiana nel ventesimo secolo. Sempre pronto ad intervenire in prima persona nel dibattito culturale, dotato di una spiccata intuizione per i processi di comunicazione, fu considerato sin dagli esordi uno scrittore fuori da qualunque categoria letteraria, difficilmente riconducibile alle tradizionali definizioni critiche, vista anche la grande versatilità con la quale ha saputo padroneggiare differenti forme di linguaggio (letteratura, cinema, pittura, giornalismo, radio, televisione, fumetti, teatro). Il suo umorismo particolarissimo, raffinato, nasce dall’amore per l’Uomo e dalla pietà che al contempo suscitano le quotidiane piccinerie e fragilità di quest’ultimo. La sua prosa immaginifica, molto vicina al Surrealismo, in realtà è indefinibile. La scrittura, intesa come processo creativo totalizzante, è vissuta da Zavattini con un’urgenza comunicativa dirompente. Questa tensione riflessiva stravolge ogni preconcetto e fonde in un’assoluta sintonia la vita e l’espressione artistica, generando così una scrittura che nel suo “farsi” è essa stessa un “evento”. Agendo nel panorama intellettuale sempre individualmente, Zavattini ha saputo precorrere “avanguardisticamente” i tempi in tutti i settori in cui ha operato, conferendo con le sue intuizioni geniali e la sua dirompente personalità un apporto determinate alla storia della cultura italiana. Considerato il maggior rappresentante del Neorealismo italiano, Zavattini focalizza la propria poetica sulla convinzione in base alla quale per i “vinti”, protagonisti dolenti eppure forti dei suoi soggetti cinematografici, esista la possibilità di opporsi alla miseria della vita a loro assegnata aggrappandosi a quegli aspetti invisibili, eppure meravigliosi, che la realtà è capace di offrire.
Primogenito di cinque figli, Cesare Zavattini nasce a Luzzara il 20 settembre 1902, paese sulle rive del fiume Po dove trascorre la primissima infanzia e frequenta la prima elementare. I genitori, Arturo e Ida Giovanardi, gestiscono un Caffè–albergo–ristorante di loro proprietà e nel 1909 lo mandano a studiare a Bergamo, ospite della “zia” Silvia, che si prende cura di lui, consentendogli alla fine di ogni anno scolastico di passare le vacanze estive nell’amata Luzzara.
Conseguita la licenza ginnasiale, nel 1917 il giovane Cesare, divenuto nel frattempo avido lettore di romanzi, raggiunge i genitori nel Lazio, a Segni-Scalo, dove si sono trasferiti per dirigere la mensa di un’industria chimica. Zavattini è studente liceale prima a Roma e poi ad Alatri (Frosinone), dove nel 1921 si diploma.
Gli anni ’20 sono densi di incontri ed eventi cruciali per Zavattini: nel 1921 conosce e si innamora di Olga Berni, sua futura moglie; si iscrive inoltre alla facoltà di Legge a Parma, città nella quale diventa istitutore al convitto “Maria Luigia”. Proprio nell’istituto ha come alunni quelli che per lui diverranno presto amici carissimi: Attilio Bertolucci, Giovannino Guareschi, Pietro Bianchi, Ugo Betti. Nel frattempo Zavattini appoggia con entusiasmo le idee liberali di Piero Gobetti, scopre il genio di Charlie Chaplin andando a vedere con Bianchi e Bertolucci La febbre dell’oro, inizia a pubblicare i primi articoli sulla “Gazzetta di Parma”, svolge il servizio militare a Firenze, dove frequenta il celebre Caffè “Le Giubbe Rosse” ed entra nella cerchia dei “solariani”, fra i quali spiccano Eugenio Montale ed Elio Vittorini. È tra i primi a recensire Gli indifferenti di Moravia, insieme a Ungaretti e a Borgese.
Il 1930 è un anno denso e travagliato per Zavattini: assiste il giovane padre malato e, pur continuando a pubblicare racconti umoristici su quotidiani, di giorno aiuta i genitori in difficoltà economiche nell’osteria luzzarese mentre di notte mette a punto il suo primo libro. Dopo la morte del padre si trasferisce con la moglie e i figli a Milano, città cuore dell’editoria del tempo, dove Valentino Bompiani gli pubblica la sua prima opera: Parliamo tanto di me (1931). Il libro ottiene un meritato successo, intriso com’è di quell’umorismo fantasioso e surreale che si ritroverà in tanta della sua produzione letteraria successiva (I poveri sono matti, 1937; Io sono il diavolo, 1941; Totò il buono, 1943). Zavattini collabora a più riprese all’Almanacco letterario di Bompiani, col quale inizia a intrattenere un fitto carteggio, testimonianza di un’amicizia e di una collaborazione che durerà per tutta la vita. Negli anni ’30 Zavattini lavora presso la redazione di un altro grande editore, Angelo Rizzoli, imprenditore attento anche al settore cinematografico. Proprio nel 1935 Zavattini entra nel mondo del cinema firmando il soggetto di Darò un milione, per la regia di Mario Camerini. Sul set del film ha modo di conoscere l’artista che interpreta il ruolo del protagonista: Vittorio De Sica.
Nel dicembre del 1939 si trasferisce a Roma con la famiglia e va a vivere in via Sant’Angela Merici.
Porta la data del 1943 – per I bambini ci guardano – l’inizio del lungo e prolifico sodalizio con il regista Vittorio De Sica, che frutterà alcuni tra i più grandi capolavori del neorealismo (Sciuscià, 1946; Ladri di biciclette, 1948; Miracolo a Milano, 1951; Umberto D., 1952) ed altri titoli di grande rilievo (per citarne solo alcuni: L’oro di Napoli, 1954; Il tetto, 1956; La ciociara, 1960; Il boom, 1963; Ieri, oggi, domani, 1963; Matrimonio all’italiana, 1964; I girasoli, 1969). Nel 1949 vince l’Oscar con Ladri di biciclette di De Sica. A partire dall’immediato dopoguerra Zavattini va svolgendo una funzione rilevante nelle associazioni degli autori cinematografici e nelle cooperative. Nel 1955 il Consiglio mondiale della Pace gli assegna a Helsinki uno dei quattro premi “per la pace”. Gli altri tre vengono consegnati a Edouard Herriot, Josué De Castro e Joris Ivens. Zavattini devolve il denaro ricevuto al Ricovero Buris Lodigiani di Luzzara. La questione della pace gli sarà sempre cara: sua infatti è l’idea di introdurre nelle scuole discussioni sulla pace, che definisce il “tema dei temi”.
Nei primi anni ’50 Zavattini si convince che il neorealismo ormai languente debba essere rinvigorito attraverso un nuovo strumento: la fotografia. L’esperimento prende il nome di Un paese (1955) e ha come protagonista Luzzara e i suoi abitanti, immortalati dalla macchina del grande fotografo statunitense Paul Strand e resi vividi e poetici dai testi zavattiniani che accompagnano le immagini. Oltre ad essere il primo e unico “fotolibro” pubblicato in Italia (Einaudi), il volume costituisce uno dei classici della fotografia del XX secolo.
Tra il 1959 e il 1960 Zavattini è a Cuba (dove era stato una prima volta nel ’53, sotto il regime del colonnello Fulgencio Batista e una seconda nel 1956), chiamato per collaborare alla nascita del nuovo cinema nazionale, dopo la rivoluzione comunista di Fidel Castro. Nel 1967 pubblica presso Bompiani il volume composito Straparole, che ha un successo enorme e di cui fanno parte Diario di cinema e di vita, Riandando, Viaggetto sul Po, Lettera da Cuba a una donna che lo ha tradito. Intanto a Luzzara, dove dagli anni ’50 aveva iniziato ad inviare centinaia di libri con le preziose dediche degli scrittori amici e chiose personali appuntate su migliaia di pagine, inaugura insieme a Mario Soldati la Biblioteca “Cesare Zavattini”. L’intero corpus librario del Fondo Cesare Zavattini è oggi conservato all’interno della Biblioteca di Luzzara. Sempre nel 1967, la notte di San Silvestro, si svolge a Luzzara la prima Rassegna sul Naïfismo, che arriverà a comprendere il Premio e il Museo.
Il 1968 è un anno caldo per Zavattini. Grazie al suo spirito cooperativistico nasce l’esperienza dei cinegiornali liberi del proletariato e alla Biennale del cinema di Venezia, Zavattini (Presidente dell’ANAC) è a capo della contestazione che porta all’occupazione della sala Volpi. Nel 1970 esce Non libro più disco, ennesima ricerca della parola-verità, che suscita scalpore e accese polemiche; nel 1973 Stricarm’in d’na parola, poesie in dialetto luzzarese. Nel 1976 vengono pubblicati Un paese vent’anni dopo con fotografie di Gianni Berengo Gardin, La notte che ho dato uno schiaffo a Mussolini e Al macero. Nel 1977 l’Associazione degli scrittori del cinema americano gli conferisce la medaglia del “Writers Guild of America”; l’anno successivo dal poemetto Ligabue (del 1967) viene tratto lo sceneggiato televisivo diretto da Salvatore Nocita.
Del 1982 è La Veritàaaa, il suo primo e unico film da regista, di cui è anche soggettista, sceneggiatore e attore. A quest’opera affida il messaggio morale e poetico di tutta una vita. Nello stesso anno Zavattini riceve il “Premio Davide di Donatello – Luchino Visconti” e lo speciale “Leone d’Oro” del cinquantenario della Biennale di Venezia. Muore a Roma il 13 ottobre 1989 e riposa a Luzzara, suo paese natale.
Approfondimenti
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immagine: Cesare Zavattini nel suo studio di via Sant’Angela Merici, Roma © 1978
Sito ufficiale dell’Archivio Cesare Zavattini
www.cesarezavattini.it