giovedì 7 marzo 2024
Centro Culturale Zavattini, ore 20.45
incontro con la giornalista
BARBARA SCHIAVULLI
I DIRITTI NEGATI DELLE DONNE AFGANE
Presentazione del libro
BURQA QUEEN
introduce l’incontro
Elisabetta Sottili Sindaca di Luzzara
accompagnamento musicale
maestro Franco Tidona
con Alessandro Reni
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Burqa Queen racconta la storia di tre donne, che è la storia di tutte le donne afghane, dopo la riconquista del potere dei talebani in Afghanistan. Layla, Faruz e Farida, sono una giovane sposa, un’ex poliziotta e un’ex insegnante travolte dalle nuove regole del regime e immerse in una violenza senza precedenti da quando l’Occidente ha voltato le spalle alle donne afghane. Per 20 anni si erano rimboccate le maniche per costruire una società civile, ora uccisa, evacuata o nascosta. Le tre arrancano per sopravvivere un giorno dopo l’altro immerse nella disperazione di un genere che gli estremisti stanno cercando di cancellare. Hanno capito che ci sono solo due alternative: soccombere o reagire.
Donne che ora si sentono “pezzi di carta appallottolati che stanno per essere gettati nel cestino”, perché non possono andare a scuola, lavorare o uscire di casa, se non accompagnate da padre, fratello o marito. Donne che sono proprietà degli uomini, prima dei padri, che decidono con chi devono sposarsi e poi dei mariti che non scelgono né conoscono, ma a cui devono rassegnarsi per poter sopravvivere. Donne che se restano vedove sono escluse dalla società e sono destinate a morire di fame. Donne che mettono al mondo figlie con la morte nel cuore, perché sanno che il loro destino è segnato. Donne che vengono guardate con un inspiegabile disprezzo da “quegli occhi vuoti che fanno più paura di qualsiasi fucile”.
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Barbara Schiavulli è corrispondente di guerra e scrittrice che, da oltre vent’anni, si è impegnata personalmente su fronti caldi in Iraq e Afghanistan, Israele, Palestina, Pakistan, Yemen, Sudan. È cofondatrice e direttrice di Radio Bullets e vincitrice di numerosi premi, tra cui il Premio Lucchetta (2007), il Premio Antonio Russo (2008), il Premio Maria Grazia Cutuli (2010) e il Premio Enzo Baldoni (2014).
Burqa Queen, per la sua autrice, vuole informare di quelle che sono oggi le condizioni di vita delle donne afghane. “Raccontare un pezzo della loro vita e del tradimento occidentale che hanno subito nel 2021. Non che non si dovesse lasciare l’Afghanistan, ma il modo in cui è stato fatto dagli americani è stato il peggiore in assoluto. Non hanno negoziato un accordo di pace, come ci era stato detto, hanno regalato il Paese ai talebani, che continuano a finanziare tuttora. Per questo motivo ho continuato a tornare anche dopo il loro arrivo: non potevo permettere che fossero lasciate sole, che la loro voce non fosse udita. Ricevo più di quanto vorrei, richieste di aiuto, minacce di suicidio da ragazze che a quell’età dovrebbero essere solo capaci di sognare. In Afghanistan non è più così ed è anche per colpa di chi ci governa, e per me è intollerabile che non si sappia.”
Il potere delle donne
Burqa Queen è anche un libro sulla tenacia delle donne, che sanno trasformare la disperazione in volontà di vivere, non di sopravvivere. Che sanno usare i pochi mezzi a loro disposizione per trovare una via di riscatto. “Penso anche – dice Barbara Schiavulli – che le donne debbano cominciare a prendere coscienza di quello che sono e di quello che possono fare. Dobbiamo essere più presenti al posto di comando, non come figlie, madri, mogli del patriarcato, quello non ci cambia niente, ma come donne progressiste, aperte, libere, pronte a difendere il debole, non a schierarsi dalla parte di quello forte”.
“Dobbiamo scegliere da che parte stare, se vedere il mondo che ci scivola accanto in guerra, violenza, distruzione climatica, o se abbiamo voglia di rimboccarci le maniche e fare, essere la differenza. Le donne sono lo scrigno che racchiude il futuro di una generazione, non lo sono gli uomini, al massimo possono esserlo insieme: non è un caso che le donne siano state oppresse in quasi ogni fase della storia, forse è ora di cambiarla. O per lo meno di provarci”.
Ciascuno di noi cosa può fare? “Il punto di partenza è essere informati. Se sai cosa accade, in qualche modo puoi intervenire o consapevolmente decidere di non farlo perché non ti interessa. Credo molto in quel giornalismo votato a informare una società per renderla capace di formarsi un’opinione. Quando si ha la conoscenza, nasce anche la libertà di decidere cosa farne. Nel caso afghano, ma anche in tanti altri, nel nostro piccolo possiamo fare tante cose, a partire dal guardare le persone che vengono da ‘altrove’ in modo diverso, come persone che hanno sofferto, che ci possono arricchire, che sono una risorsa. Possiamo fare pressione sulla nostra politica, possiamo facilitare la vita di chi viene qui e prendere posizione a favore di decisioni positive, costruttive. Proteggere e difendere i diritti umani è un lavoro che spetta a tutti. In un Paese dove quasi una donna muore ogni giorno per la violenza familiare o ex familiari, dobbiamo fare più rete, dobbiamo avere più educazione, dobbiamo vivere più nel mondo che ci circonda, piccolo o grande che sia. Dobbiamo decidere che parte vogliamo avere nella società e, se ci interessa, cambiarla”.
“La mia voce è piccola, ma se le mettiamo tutte insieme, possiamo ruggire”.
È un libro carico. Carico dei divieti in una vita che non è vita se nasci donna, carico delle ingiustizie e delle “tradizioni”” che vogliono che sia così, carico della violenza verso le donne e della volontà di renderle invisibili, annientando ogni loro diritto. Loro che per 20 anni si erano rimboccate le maniche per costruire una società civile, ora uccisa, evacuata o nascosta.
ingresso libero
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informazioni
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