venerdì 24 marzo
Centro Culturale Zavattini, ore 21.00
CIPRIA
Il film della vostra vita
di Giovanni Piperno e Anna Villari
una produzione e distribuzione
Luce Cinecittà
proiezione del film e incontro con gli AUTORI
1941, Un concorso pubblicitario invita le donne italiane a raccontare le loro vite, per farne un film.
C’è una giuria, ci sono tre vincitrici.
La guerra interrompe tutto.
Oggi un film riscopre quelle storie e quelle donne: dimenticate, attualissime, rivelatorie.
Cipria è il film tratto dalla loro storia vera.
1941, l’Italia è in guerra. Ma il regime tende a rassicurare su una vittoria vicina. C’è tempo ancora per innamorarsi dei divi del cinema, della radio, di Cinecittà. In questo clima la casa cosmetica di proprietà di Giuseppe Visconti di Modrone, padre di Luchino, lancia un concorso associato a una cipria di nuova uscita, Velveris, velo di primavera. Il concorso invita le donne italiane a inviare la storia, vera, della loro vita, al giornale L’Illustrazione del Popolo.
Le più belle saranno pubblicate e radiosceneggiate, la vincitrice addirittura trasformata in un film.
Ideatori del concorso sono Dino Villani, il massimo pubblicitario dell’epoca e l’inventore del concorso che dopo la guerra sarebbe diventato Miss Italia, e Cesare Zavattini, la giuria di vaglia: Alba De Cespedes, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, lo stesso Zavattini.
È un successo, le storie arrivano a centinaia. La giuria proclama persino tre vincitrici.
Poi tutto si interrompe. La guerra si rivela tragica. Tutto si polverizza, come cipria al vento.
Rimangono però le storie di quelle donne. Vive, attualissime, e riemerse dalle pagine dei giornali. Le abbiamo ritrovate, lette, selezionate.
Così, ottanta anni dopo, il film tratto dalle loro vite è finalmente realizzato.
Presentato in dicembre 2022 alla 40esima edizione del Torino Film Festival, da marzo nei cinema.
Evento speciale a Luzzara, nel paese natale di Za
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Note di regia di Giovanni Piperno
Cipria è una storia di fantasmi: c’erano delle vite di donne che aspettavano da molti anni di essere trasformate in un film e con loro c’era Zavattini che le aveva raccolte e voleva raccontarle col cinema. Le storie erano sulla pagina ma non c’erano immagini o suoni per audio visualizzarle.
Bisognava riuscire a fare un film con il materiale di repertorio cercando di rimanere il più possibile fedeli alla sostanza di questi racconti, con uno stile che rispettasse quello che Zavattini aveva in mente (con i fantasmi non si scherza): un racconto che mescolasse dramma e commedia, con dei momenti nei quali la realtà si potesse anche trasfigurare in fiaba, ma sempre con uno stile semplice, comprensibile a tutti, magari più vicino al fumetto, che a un cinema più intellettuale e metaforico. Bisognava evocare queste storie con delle immagini e dei suoni che pur non appartenendo alle protagoniste, avessero l’autenticità degli sguardi e dei corpi delle donne vissute tra gli anni venti e quaranta del secolo scorso. Ma facciamo un passo indietro.
Nel 2017 la storica dell’arte Anna Villari sta lavorando ad una mostra che la porta all’archivio del grande pubblicitario italiano Dino Villani (un genio del marketing che per continuare la produzione della Motta oltre Natale inventò la Colomba Pasquale e ideò Miss Italia per pubblicizzare un dentifricio…) e scopre che uno dei tanti concorsi da lui realizzati è stato completamente dimenticato. Nel 1941 per promuovere una nuova cipria della Carlo Erba, della quale dirigeva il settore pubblicitario, Villani chiede la collaborazione del suo amico Zavattini. Come sappiamo Zavattini cercava/sognava un cinema che si occupasse delle storie delle persone delle quali nessuno si interessava mai: la gente del popolo, i poveri, le donne, i bambini.
Il concorso può essere un’occasione: vengono invitate le acquirenti della cipria Velveris velo di primavera a scrivere le loro vite così come le hanno veramente vissute ed inviarle al settimanale L’illustrazione del popolo, il settimanale illustrato de La Gazzetta del Popolo (il quotidiano torinese più venduto per 135 anni assieme a La Stampa, nonché papà de La gazzetta dello sport, ma questa è un’altra storia). Le più belle verranno pubblicate dal settimanale, alcune diventeranno dei radiodrammi, la storia vincitrice del concorso sarà il soggetto per un lungometraggio. Anna, dopo molte ricerche, trova alcune di queste storie pubblicate e mi propone di trasformarle in un film, ottanta anni dopo.
Prima di tutto cerchiamo di capire se poi il film nel 1942 era stato realizzato – avrebbe dovuto essere prodotto da una mediocre casa di produzione dell’epoca, la Nazionalcine – ma non ne abbiamo trovato traccia: è probabile che la guerra abbia interrotto tra le molte cose, anche la conclusione del concorso. Le storie pubblicate sono tutte lontane dallo stereotipo della donna del focolare. Queste sono tutte donne tutte dinamiche: molte cercano i loro mariti o figli scomparsi all’estero per le guerre coloniali o per cercare un lavoro migliore; oppure scappano da padri o compagni crudeli e possessivi e tentano di rifarsi una vita altrove, talvolta con nuovi partner. Stringiamo il cerchio sulle storie che ci piacciono di più, quelle che ci sembrano (ahimé) ancora attuali per i temi che trattano, per poi constatare che sono le stesse che furono premiate all’epoca: la giuria era composta da intellettuali ed artisti così avanzati – tra gli altri De Cespedes, De Sica, Visconti, lo stesso Zavattini – che i racconti selezionati sono ancora moderni. Una volta scelte le storie cominciano i guai: come si può, senza voler fare un film di finzione tradizionale, tenere insieme tre diverse vite di donne del secolo scorso, senza le immagini delle protagoniste? Il giorno dopo la firma del contratto comincia il confinamento e contemporaneamente la ricerca a distanza negli archivi sparsi per l’Italia, a cominciare naturalmente dal LUCE e da HOMEMOVIES (l’archivio italiano più ricco di film di famiglia).
E così con tutte e tutti i pazienti archivisti che si attivano per farci visionare i loro materiali dentro le nostre case, cominciamo a costruire un film “di finzione di repertorio”. Il desiderio di evocare il fantasma della protagonista mi dà l’opportunità di chiedere al videografico Stanislao Cantono di Ceva una soluzione tecnica che ci permetta di realizzare delle nuove riprese che contengano però sempre anche il materiale di repertorio, per cercare di non interrompere l’atmosfera visiva del film.
Per cercare di mantenere un sapore più analogico possibile Stanislao propone di proiettare sugli ambienti dei set i filmati d’epoca, invece che inserirli in post produzione a riprese ultimate. Questo richiede di girare sempre in specifiche condizioni di luce, di adeguare l’illuminazione alla potenza dei proiettori e, soprattutto, impone l’uso di un sofisticato software di video mapping che ci obbliga ad una lunga e complessa preparazione di ogni inquadratura. In compenso tutti noi, a cominciare dall’attrice Ottavia Bianchi – che ha dato corpo fantasmagorico a Maria Giraudo Baretto, la nostra protagonista – grazie a queste proiezioni siamo entrati meglio in un’atmosfera da seduta spiritica che cercavo, e che ha caratterizzato gran parte delle nostre riprese.
Poi comincia tutto il complesso lavoro di costruzione e riscrittura del film con la montatrice Patrizia Penzo, e la ricerca, i provini, le crisi e i ripensamenti sulle voci, sull’uso eventuale del dialetto, delle professioniste e delle non professioniste, di registrazioni in studio e registrazioni nelle case, del montaggio e smontaggio del suono, per poi approdare alla scelta di una sola voce per tutte le storie: Lucia Mascino, un’attrice che condivide alcuni elementi biografici con quelli della nostra protagonista. Ora che il film l’abbiamo finalmente completato non so se le nostre protagoniste sarebbero soddisfatte del risultato, se lo sarebbe Cesare Zavattini, se i loro fantasmi troveranno pace; io certamente credo di averla un po’ trovata.
ingresso ad offerta libera e consapevole
un evento di
Come un canto della terra
1953 | 2023 | UN PAESE 70
Luzzara | marzo / dicembre 2023
scarica la locandina
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informazioni
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t. 0522 977612 | e-mail biblioteca@fondazioneunpaese.org