Pubblicazioni
Fondazione Un Paese dedica ampio spazio al patrimonio storico-culturale locale attraverso la pubblicazione di libri, cataloghi, guide, studi e ricerche. La scelta da parte di Fondazione Un Paese di editare o sostenere con il proprio patrocinio numerose pubblicazioni nasce spesso in correlazione con iniziative promosse e realizzate nel contesto del Centro Culturale Zavattini. Riflesso della missione alla base del lavoro della Fondazione, le pubblicazioni sono rivolte agli ambiti di interesse in cui essa opera: culturale, sociale e di valorizzazione del territorio. Gli obiettivi principali di questo ambito di attività sono la promozione e la valorizzazione del ricco patrimonio storico luzzarese, con particolare attenzione alle tematiche della figura di Cesare Zavattini, della fotografia, del naϊfismo, del cinema, dell’illustrazione e della memoria locale emiliana. Il consistente catalogo di cui dispone la Fondazione consta di molti libri disponibili per chi avesse desiderio di acquistarli e riceverli.
Cesare che porta gli occhiali
di Giuseppe Vitale
per Edizioni Libre in collaborazione con Fondazione Un Paese
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Tra gli importanti progetti editoriali di recente pubblicazione spicca il volume CESARE CHE PORTA GLI OCCHIALI, illustrato da Giuseppe Vitale, con la consulenza di Simone Terzi, responsabile di Fondazione Un Paese e Centro Culturale Zavattini. Il libro è incentrato sulla poliedrica figura di Cesare Zavattini, le cui parole e immagini risuonano ancora dentro di noi perché «Cesare ha un suo modo di vedere il mondo, di sentirlo e di viverlo. Dietro agli occhiali si mostra e si nasconde, dietro agli occhiali cresce, da adulto a bambino e viceversa, regalandoci il suo magico punto di vista». Imperdibile!
Pasà Po
settanta racconti brevi di guerra e di Po
di Sandro Tedeschi, con i disegni di Alessandro Sanna
un progetto di Fondazione Un Paese in collaborazione con RAUM Italic, 2016
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Pasà Po è un libro di settanta parole, settanta piccoli vasi di pandora. La memoria ottantenne di Sandro li scoperchia e li lascia esplodere dentro racconti che sono mondi interi. A tenerli insieme in un’unica emozione è il gioco continuo tra forze opposte.
Vecchiaia e giovinezza, guerra e comunità, fiume e terra: si incontrano in ogni aneddoto, si incrociano e sovrappongono, intrecciano storia. Luzzara è il posto da cui tutto ha inizio. Un paese come tanti altri sul Po, ma dotato di un’intensità singolare. Luzzara rimane nel cuore dei suoi abitanti: non vogliono andarsene, o cercano costantemente di ritornare. L’unico modo che Sandro ha di ritornare è la memoria. Certo, tutti hanno memoria di certe cose in paese. Tutti ricordano l’arrivo degli americani, tutti conoscono il profumo delle robinie, tutti hanno ascoltato una partita dei mondiali al caffè in piazza. Ma Sandro a questo aggiunge la lontananza, che fa diventare la memoria più profonda e più insistente. Per Luzzara, certe notti diventano del tutto insonni e si passano a cercare di ritrovare il profumo di Po.
Pasà Po non ha fotografie dei tempi andati. Ha le illustrazioni contemporanee, vivide e delicate di Alessandro Sanna, un altro uomo di Po che conosce il profumo delle robinie, i cui ricordi però arrivano solo a pochi anni addietro, perché lui a Po è nato da poco. Vecchiaia e giovinezza. Le parole di chi ha un passato più lungo gli permettono di ricostruire per immagini quello di cui non può avere memoria.
I suoi disegni tracciano il contorno di ogni racconto, creano lo spazio in cui ogni lontano ricordo diventa storia da rivivere.
A Luzzara
dizionario di Po e di robinie
di Sandro Tedeschi
un progetto di Fondazione Un Paese, 2013
A Luzzara racconta il sentimento di un paese attraverso le vicende della sua storia e dei suoi abitanti, gli stessi che hanno reso indimenticabili le fotografie di Paul Strand. Lo fa in forma di dizionario dialettale, scavando nella lingua per scoprire come certe parole siano così intense da non avere alcun corrispondente davvero valido in italiano. Parole talmente potenti da risvegliare i ricordi di una vita, l’essere bambini di guerra, giovani nella ricostruzione, abitanti di un luogo inscindibilmente legato al suo tratto di fiume. Quello alfabetico è solo apparentemente un ordine, perché questo anomalo racconto è un continuo rincorrersi di episodi inframmezzati da digressioni etimologiche e interrotti ancora da altri aneddoti, che si accavallano nel tempo e nella memoria, costruendo una sceneggiatura – sotto la presenza costante di Zavattini – che esplode di sentimento e non ha bisogno di un filo conduttore, perché ha già una ragione: Luzzara con il suo fiume. Infatti, che sia guerra o miracolo economico, che si tratti un’influenza germanica o francese, in sottofondo c’è sempre il profumo delle robinie sulla riva di Po.
La casa dei naïfs italiani
Il Museo Nazionale delle Arti Naïves di Luzzara
a cura di Simone Terzi
un progetto di Fondazione Un Paese, 2012
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Realizzato in occasione della mostra dei Naïfs alla Galleria degli artisti autodidatti di Trebnje, il catalogo propone una riflessione analitica sul naïfismo, soffermandosi in particolare sulla disamina delle trenta opere esposte nella mostra slovena.
Il Premio Nazionale dei Naïfs, che anticipa di un anno la costituzione del Museo, è stato evento culturale e fenomeno di costume, occasione per promuovere la valorizzazione di un territorio e strumento in grado di intercettare le energie interessate a descrivere le ragioni e gli effetti di una presenza così originale nel contesto nazionale. Il decennio in cui è nato, gli anni Sessanta, è quello in cui è cambiato il significato di parole come locale e nazionale, dove si ridefinisce il loro rapporto, anni in cui sono mutate le modalità di partecipazione dei cittadini alla vita sociale e culturale delle comunità. Grandi temi si sono imposti agli occhi di milioni di italiani, con una velocità ed un’efficacia fino ad allora sconosciute. Le stesse persone che si concederanno l’opportunità di accedere direttamente e per la prima volta al mondo dell’arte, della cultura, sforzandosi di acquisire moderni strumenti conoscitivi.
Una temperie forse passeggera, come qualcuno aveva previsto; un fenomeno da rileggere a distanza di tempo, da storicizzare, quello che Luzzara rappresenta, e che in gran parte si determina per effetto di una partecipazione diffusa e popolare alla produzione culturale e artistica, oltre che al suo consumo. Luzzara e il suo Museo sono tutto questo e molto altro. Ciò che oggi ci sembra possibile fare è guardare senza ideologismi al “fenomeno” del naïfismo italiano, avendo la fortuna di poterlo osservare da una postazione privilegiata, nonchè attraverso le parole di Cesare Zavattini, il quale ebbe per primo l’intuizione di creare il Premio e il Museo Nazionale delle Arti Naïves per poter dare una “casa” agli artisti naïfs italiani. Come l’illustre luzzarese ebbe modo di affermare in un’intervista significativamente intitolata Considerazioni sui naïfs dopo un bicchiere di lambrusco: «Il naïfismo nasce da una carenza che lo fa essere movimento. La carenza del naïfismo, cioè il riconoscimento di certe forme come le sole che dettino legge, è qualche cosa di rivoluzionario pur nel suo difetto, pur nella sua ingenuità, pur nella sua speranza di creare qualche cosa al di fuori delle strutture culturali dominanti. In un certo senso si può dire che il naïfismo apre le possibilità di un linguaggio e di un’espressione di massa».